Basilica di San Giovanni Battista a Vittoria


La basilica di San Giovanni Battista è la chiesa madre di Vittoria, ed è ubicata nel centro storico della città, in piazza Vescovo Ferdinando Ricca.

Costruita nel 1695 e consacrata nel 1734, diviene Basilica il 5 Aprile 1750.

Fin dalle origini della città, per volontà della fondatrice Vittoria Colonna, era stata dedicata una chiesa a San Giovanni Battista.

Nella piazza della Trinità è possibile visitare i resti dell’antica chiesa, distrutta a causa del terremoto del 1693.

Le abitazioni non subirono danni, e la popolazione, rimasta quasi del tutto indenne, attribuì l’evento alla protezione di San Giovanni, e si decise di edificargli una chiesa più grande.
Il popolo si dedicò con entusiasmo alla costruzione, partecipando con offerte in denaro, in natura e anche gratuitamente, evitando di chiedere contributi al governo e alle autorità pubbliche, in modo da avere l’orgoglio di aver edificato quel monumento che oggi è testimonianza della fede e della operosità dei Vittoriesi.
La nuova chiesa fu costruita tra il 1695 e il 1706, e sull’arco del portale maggiore venne posto uno stemma a memoria della partecipazione del popolo nella costruzione, in cui si legge: “Mater Ecclesia a populo constructa 1706”.

Fu consacrata il 16 maggio 1734 dal vescovo di Siracusa monsignore Matteo Trigona e il 5 aprile 1750, a petizione dell’arciprete Don Enrico Ricca, veniva aggregata alla Sacrosanta Patriarcale Liberiana di Santa Maria Maggiore di Roma.

La struttura presenta un prospetto composto da tre ordini sovrapposti, animato da lesene che scandiscono e sottolineano gli spazi della piatta massa architettonica.

La facciata del primo ordine, divisa in tre scomparti da quattro lesene tuscaniche poggianti su plinti, si conclude in una trabeazione ornata da triglifi e metope. Il secondo ordine si raccorda al primo attraverso contrafforti curvilinei, dietro i quali insistono due cupoloni sostenuti da tamburi ottagonali, mentre un timpano triangolare delimita e conclude il terzo ordine, diviso dal secondo da una cornice marcapiano sporgente. Una croce in ferro battuto, sostenuta da un fregio, completa il Tempio cristiano.

La chiesa è rialzata da una gradinata semiellittica, larga quanto tutta la facciata, con tre portali sormontati da stemmi, realizzati nel 1732 dallo scultore Benedetto Cultraro. La Basilica ha una pianta a croce latina con tre navate: quella centrale, più larga delle laterali, è attraversata da un transetto di larghezza inferiore, ma molto corto nella sua lunghezza, nel cui incrocio si eleva la cupola leggermente ovalizzata, progettata nel 1854 dall’architetto Giuseppe Di Bartolo Morselli di Gela. Essa poggia su un tamburo traforato da otto finestre, alternate da sedici classiche colonne all’esterno e sedici lesene all’interno, conclusa, a sua volta, da un cupolino, completato da una Pigna che si eleva al cielo.

Nei quattro pennacchi della cupola Giuseppe Mazzone dipinse nel 1873 i quattro Evangelisti.

Due di essi, e precisamente Matteo e Giovanni, poiché si scrostarono dalla parete, furono dipinti su tela nel 1884 da Domenico Provenzani e applicati successivamente alle pareti dei due pennacchi.

L’interno è ricco di marmi, di dorature e di decorazioni a stucco, realizzati nel secondo Ottocento con raffinato gusto eclettico dagli artisti Giuseppe Sesta da Comiso, Carmelo Guglielmino da Catania e Giovanni Tanasi da Palazzolo Acreide.

La prima cappella della navata sinistra è dedicata all’Addolorata, alle cui pareti si conservano centoventuno reliquie inglobate in una sequenza di pilastrini in legno dorato, raccordati da esili archetti in stile barocco. Nel fondale è posta una tela, dipinta nel 1885 da Domenico Provenzani, raffigurante l’Addolorata; segue la cappella di Santa Barbara, in cui è collocata una grande tela dedicata alla Santa e dipinta nel 1759 dal pittore modicano Stefano Ragazzi.

Nell’altare di marmo policromo, riccamente decorato, vi è annessa, in bassorilievo su marmo bianco, una raffinata Natività di Gesù, mentre, in una teca coperta di vetro è collocato Gesù Bambino.

La terza è quella di Santa Rosalia, impreziosita da una statua della Santa chiusa in un nicchia coperta di vetro, indorata nel 1887 da Paolo Cappellani di Palazzolo Acreide; la quarta è dedicata a San Giacomo e Santa Lucia con relative statue, contenente, sulla parete destra un piccolo Mausoleo fiancheggiato da due leoni, dedicato a Iacopo Giudice; nella quinta cappella, dedicata all’Immacolata e arricchita da stupende colonne tortili, si trova una statua del XVIII secolo in marmo di Carrara, da attribuire allo scultore Vito Corolla da Trapani. La Madonna, articolata nello spazio da un particolare dinamismo, è colta in un movimento rotatorio e ascensionale, avvolta dallo svolazzante manto e dalla veste che, morbidamente, sottolinea la sua struttura anatomica, evidenziata significativamente dalle macchie blu e dorate applicate nella materia marmorea, la cui escavazione scultorea è di raffinatissimo livello artistico. Segue il transetto che si conclude a sinistra con l’Altare del Crocifisso, dove è inglobato un Cristo ligneo di buona fattura, accanto al quale, sulla parete si trova la tomba di Monsignore Ferdinando Ricca, Vescovo di Trapani, mentre l’altare finale destro del transetto è dedicato alla Madonna del Carmelo, rappresentata da una elegante e raffinata statua lignea della Vergine, probabilmente realizzata nel Settecento da Carmelo Cultraro, scultore del legno e della pietra, progettista ed esecutore della struttura architettonica della stessa cappella.

Nell’incrocio tra la Navata Maggiore e il Transetto, sollevato da una gradinata delimitata da una balaustra di marmo policromo, vi sono il Presbiterio contenente eleganti stalli in legno, realizzati da Carmelo Poidomani nel 1890, e l’Altare Maggiore, monumentale e scenografico, arricchito da diversi marmi pregiati; al centro e in alto vi è la statua in legno di San Giovanni Battista, coperta da una tela dipinta con la stessa immagine. In basso, sull’altare, un piccolo dipinto raffigurante la Madonna col Bambino “Santa Maria Maggiore”, di autore ignoto. Il pavimento, intarsiato da marmi policromi, presenta un vaso con viti e grappoli d’uva appassiti, mentre un altro è colmo di viti con rigogliosi grappoli (1801), per ricordare il morbo nero del 1798 e la ripresa della coltivazione dei vigneti a Dirillo.

Nel soffitto sinistro del transetto vi è affrescato il Non Licet, realizzato dal pittore Emanuele Catanese nel 1861, mentre in quello destro è raffigurata l’Ultima Cena, dipinta dal Mazzone nel 1860, e, infine, nella volta dell’Altare Maggiore vi è la Decollazione del Battista, opera pittorica eseguita nel 1859 dal sacerdote Gaetano Di Stefano da Chiaramonte Gulfi.

Alla sinistra dell’Altare Maggiore insiste la Cappella del SS. Crocifisso, all’interno della quale esistevano due interessantissime tele pittoriche: a sinistra l’Immacolata di Giuseppe Mazzone, realizzata nel 1869 (oggi al Museo d’Arte Sacra Mons. Federico La China, via Cavour 51): è una tela risolta nell’equilibrio delle forme e dello spazio, in cui la Madonna, consapevole del disegno divino, vive assieme alle altre piccole creature nella grazia di Dio e, dal punto di vista pittorico, nell’eleganza compositiva e nel sapiente rapporto luce-spazio-colore; a destra il Compianto del Cristo morto (oggi al Museo d’Arte Sacra): è un’opera del Settecento da attribuire al pittore Antonio Mercurio che, con grande creatività, dipinge e replica in maniera speculare, un quadro del Van Dyck della stessa tematica.

Nella parete di fondo vi è la tela della Deposizione del Cristo morto del 1725, di Antonio Scalogna, il quale richiama e replica, in maniera speculare, con grande maestria cromatica e luministica, la Deposizione, realizzata nel 1541-45 dal pittore Daniele da Volterra e collocata nella chiesa di Santa Trinità dei Monti a Roma.

Dei sei medaglioni che arricchivano la volta, delimitati da stucchi e affrescati nel Settecento da artisti della bottega di Vito D’Anna, ne rimane soltanto uno: l’affresco dell’Ascensione.

Nella cappella destra dell’Altare Maggiore, dedicata al Sacro Cuore di Gesù, vi è un altare con la relativa statua eseguita nel 1878, in maniera ottimale, da Vincenzo Genovese, mentre sulla parete laterale sinistra vi è il dipinto della Decollazione del Battista, da attribuire a Mariano Gusmano di Licodia Eubea.

Sotto il quadro vi è una lastra marmorea impreziosita da una decorazione in legno e argento, disegnata dall’architetto Giuseppe Areddia e realizzata dal marmista Vaccaro di Comiso; essa nasconde e contiene parte delle spoglie della fondatrice Vittoria Colonna trasportate, nel 1990, nella nostra Basilica dalla chiesa di San Francesco di Medina de Rioseco, città spagnola.

Sulla parete destra vi era posta la tela del Transito di Maria del 1874 (oggi al Museo d’Arte Sacra), del pittore Giuseppe Mazzone, opera di particolare impostazione spaziale e di alta sapienza cromatica. Continuando sulla navata destra, dopo l’altare della Madonna del Carmelo, s’incontra il monumento funebre di Salvatore Ricca, barone di Villa Marina e Marchese di Tettamanzi, scolpito nel 1810 da Federico Siracusa di Trapani; quindi segue la cappella del Cristo alla colonna con relativa scultura di discreta fattura. Nella cappella successiva della Sacra Famiglia vi è un bassorilievo in marmo della stessa tematica, realizzato nel 1898 dal vittoriese Salvatore Sciacco, mentre, adiacente all’altare, si trova il monumento funerario dedicato a Francesco Leni, barone di Spatafora.

Viene quindi la cappella della Madonna della Mercede, eseguita dall’artista ragusano Filippo De Natale, contenente una tela di autore ignoto; nella penultima cappella dedicata alla Madonna del Rosario vi è un quadro, dipinto nel 1900 dal comisano Giuseppe La Leta, raffigurante la Madonna di Pompei con Gesù Bambino, San Domenico e Santa Caterina. Conclude la navata destra la cappella del Fonte Battesimale, in cui è collocata una grande tela rappresentante il Battesimo di Cristo, realizzata nel Seicento da Mariano Gusmano.

Infine la parete interna della Basilica, adiacente al portale d’ingresso della navata centrale, contiene delle iscrizioni relative alla storia della chiesa, come la sua consacrazione e la sua elevazione a Basilica.

Statue in stucco, arricchiscono la parte alta parietale, mentre in basso sono collocati due mausolei in marmo, di cui uno contiene le spoglie di Mario Pancari Leni, scolpito nel 1875 da Benedetto Delisi, l’altro, le spoglie di Federico Ricca, scolpito da Benedetto Civiletti nel 1877.

Si possono ancora ammirare, all’interno della navata centrale, un pregevole organo elaborato nel 1748 dal sacerdote Donato Del Piano e un pulpito in legno del maestro Carmelo D’Asta.

Altre tele pittoriche collocate in sacrestia e nella biblioteca, tra cui la grande tela della Passione detta “Taledda”, realizzata dal pittore Giuseppe Mazzone, completano la Chiesa Madre di Vittoria.

 

Giuseppe Carrubba

 

Fonti:
Città di Vittoria (http://www.comunevittoria.gov.it)

Virtual Sicily (http://www.virtualsicily.it)

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