La Cattedrale di San Giuliano è la chiesa principale di Caltagirone e sede della Diocesi, che sovrasta con il suo alto campanile nella Piazza Umberto I, proprio nel cuore della città.
Le sue prime documentazioni risalgono al periodo in cui la Sicilia venne dominata dai Normanni (1061-1194), con l’arrivo del conte Ruggero.
La chiesa fu edificata per San Giuliano, un vescovo di famiglia nobile, che esercitò l’apostolato nel I secolo d.C. nella Gallia Cisalpina, ove successivamente ebbe sepoltura alla sua morte.
Il 12 settembre 1816 papa Pio VII con la bolla Romanus Pontifex elevò Caltagirone, collocata sotto la giurisdizione dell’Arcivescovo di Monreale, a sede vescovile e la chiesa di San Giuliano, già parrocchia, ne divenne cattedrale.
Dal 1844 Caltagirone sarà suffraganea della diocesi di Siracusa e in seguito di Catania.
In origine, sorgeva fuori le mura della città con l’abside rivolto ad oriente.
Documento certo della sua erezione era l’iscrizione posta un tempo sul portale dove insieme al nome dell’autore veniva indicata anche la data della costruzione: Magister Gofredus, 1282.
Già agli inizi del 1300, la chiesa di San Giuliano era tra le più ricche della città e già dal 1400 era fregiata dell’onore canonicale. Venne più volte ricostruita, spostandone anche il prospetto ad oriente a causa dei violenti terremoti avvenuti nel 1542 e nel 1693.
Con il primo sisma del 1542 subì il crollo del campanile e danneggiamenti vari, riparati già nel 1575.
Il senato civico nel 1582, reputando sia il sito che le strutture non più idonee allo sviluppo urbanistico della città conferì incarico di progettazione della nuova chiesa agli architetti Francesco Zagarella e Frà Giacomo Firini.
La nuova opera era già iniziata con valide maestranze e scultori come Giandomenico e Francesco Gagini allorquando, nel 1627, il Senato, non soddisfatto dell’opera in corso, demandò all’architetto messinese Simone Gullì il proseguo delle opere.
Nel 1693 il violento terremoto che devastò la Sicilia centro-orientale danneggiò notevolmente parte delle strutture già realizzate (campanile, cupola e volte) e fu chiamato ad intervenire l’architetto Simone Mancuso, detto per la sua maestria “Lo Mastro”.
L’opera venne ultimata all’interno tra il 1725 e il 1740, mentre il prospetto su due ordini e la loggia campanaria nel 1756. Alcuni resti della vecchia chiesa sono conservati presso il Museo Regionale della Ceramica di Caltagirone.
Nel 1816 Caltagirone fu eretta diocesi e la chiesa di S. Giuliano fu designata a diventarne la naturale cattedrale.
Ciò comportò, per volere del suo primo vescovo monsignore Gaetano Trigona, una radicale trasformazione del suo interno che ubbidendo a stilemi dell’epoca (neoclassico) si arricchì di stucchi, affreschi sull’intradosso delle volte (navata centrale e transetto) e quadri ad olio.
Nel 1838, poiché pericolante, fu demolita parzialmente la facciata che pur impegnando vari artisti come G. B. Filippo Basile, G. Di Bartolo e Gesualdo Montemagno, fu realizzata nel 1909 dall’architetto Saverio Fragapane.
La chiesa è stata interessata negli ultimi anni da restauro conservativo ultimato solo nell’aprile dell’anno 2004. L’alto campanile che svetta a fianco della chiesa è del 1954, opera dell’architetto Ugo Tarchi.
Il prospetto principale, è dominato dalla splendida e imponente cupola rivestita recentemente di ceramica locale e dalla torre campanaria che raggiunge i 48 metri di altezza.
A pianta basilicale, l’interno è a tre navate divise da dieci pilastri, collegati tra loro da arcate a tutto sesto, si presenta all’interno luminosa e riccamente decorata con stucchi bianchi su riquadri gialli e arancio. All’incrocio tra le navate ed il transetto alta cupola ornata da stucchi.
Terminali dei bracci del transetto altare del Crocifisso del secolo XVI e nel transetto di fronte l’altare della Madonna della Mercede. Lungo le navate laterali in stile neoclassico altari sormontati da tele.
All’ingresso della chiesa su gradinata delimitata da cancellata in ferro, è collocato il fonte battesimale in marmo bianco statuario. In fondo alla navata centrale un altare neoclassico incorniciato da lesene. Su alto basamento marmoreo la cattedra marmorea, mentre, anteposto agli stalli lignei laterali, punto focale dell’area celebrativa, altare in marmo di recente fattura, lateralmente in legno e marmo, il luogo della parola. Dal transetto si accede all’Aula capitolare, unica parte della chiesa risparmiata dal terremoto del 1693, con all’interno altare marmoreo sormontato da Crocifisso ligneo e coro ligneo.
L’interno della chiesa è a tre navate. La volta è arricchita da una serie di affreschi, opera del pittore Giuseppe Vaccaro e datate 1862, che sviluppano il tema del passaggio dall’antico veterotestamentario al nuovo culto istituito da Cristo e affidato alla Chiesa.
A partire dall’ingresso si succedono il sacrificio di Abele, di Noè, l’incontro di Abramo con la prefigurazione di Cristo, Melchisedech, il castigo di Datan e Core che contestavano l’autorità di Mosè ed Aronne e il trasporto dell’Arca nel tempio di Gerusalemme; il racconto si interrompe con l’arco trionfale, su cui è un pregevole stucco con la rappresentazione allegorica della religione cristiana coronata dal triregno e con in mano l’ostensorio eucaristico e la croce e la scritta in latino: “Et antiquumdocumentum novo cedatritui“; nel transetto altre due scene: la distruzione del tempio di Gerusalemme, vera fine del culto antico e la consegna delle chiavi a Pietro, chiamato a continuare la missione di Cristo; nella volta del presbiterio il momento fondante del nuovo culto, l’istituzione dell’Eucaristia con una raffigurazione che si ispira all’Ultima Cena di Leonardo da Vinci. Nella chiesa che si riunisce attorno al Vescovo continua il culto istituito da Cristo. Tra gli altari laterali, particolarmente caro alla pietà popolare è quello che conserva la statua lignea del Cristo morto che, assieme alla statua dell’Addolorata, il Venerdì Santo è portato solennemente in processione con fervore e religioso silenzio per le vie della città.
Opere d’arte:
XVI sec. – Il Crocifisso in legno nero, opera attribuita all’artista messinese Giovannello de’ Matinati;
XVI sec.- La Madonna della Mercede, opera marmorea di scuola gaginesca;
XVII sec. – L’Urna con Simulacro della Beata Lucia da Caltagirone, conserva le reliquie della Beata;
1850 – Il Cristo Morto – Scultura lignea, ricavata da un tronco intero di cipresso, venne scolpita, in grandezza naturale, da Giuseppe Vaccaro. Viene posta nella splendida “Urna”, per la devota processione del Venerdì Santo, seguita dalla Madonna Addolorata;
1851 – L’Urna del Cristo morto – Su disegno dell’architetto Don Salvatore Marino, venne intagliata in legno salice dallo scultore Giuseppe Polizzi nel 1853. All’interno è rivestita in oro zecchino e vi sono collocati sei guanciali anch’essi scolpiti in legno. dove viene appoggiata la statua del “Cristo morto” di cui sopra. L’urna è chiusa da otto vetri ed è interamente scolpita nei quattro angoli e nelle fasce che contornano i vetri. È sormontata da una corona regale anch’essa in legno scolpito;
1856 – Il Simulacro dell’Addolorata – Scultura di Vincenzo Nigido, ricoperta di velluto nero, ornata da uno stellario d’oro sul capo e una spada trafitta al cuore;
1850 – Il Cristo risorto, tela di Giuseppe Vaccaro, posta al centro del presbiterio;
1855 – Il Patrocinio di San Giacomo, tela di Giuseppe e Francesco Vaccaro;
XIX sec. – Il Presepe in terracotta di Giuseppe Vaccaro;
XIX sec. – La volta, ornata da cinque riquadri ad olio, realizzati da Giuseppe Vaccaro;
1950 – La Madonna in bronzo realizzata da Ugo Tarchi, posta dentro l’apposita nicchia del campanile;
1960 – La Via Crucis, in ceramica monocroma dello scultore ceramista calatino Gaetano Angelico.
Giuseppe Carrubba
Fonti:
Diocesi di Caltagirone (http://www.diocesidicaltagirone.it/)
SIUSA (http://siusa.archivi.beniculturali.it/)
Sicilia in festa (http://www.siciliainfesta.com)